Articolo pubblicato sul "Corriere
dell'Irpinia" di Domenica 18 Settembre 2011 a firma del maestro
Antonio Polidoro, docente di Storia della Musica presso il Conservatorio San
Pietro a Maiella di Napoli.
Un nuovo lavoro si aggiunge ai
tanti che, segnatamente in questi ultimi tre anni, hanno affrontato, con approcci
ed esiti diversi, temi gesualdiani.
Un fervore pubblicistico che
coincide con l’appressarsi delle celebrazioni che, a quattrocento anni dalla
scomparsa del Principe della Musica, potrebbero sottolineare una particolare
attenzione (si spera in direzione della produzione musicale più che delle
vicende personali) nei confronti del grande polifonista.
Stavolta si è cimentato il
preside Caloia, uomo di scuola e ricercatore appassionato di cose gesualdine.
Caloia sceglie di raccontare
quanto più è possibile di Gesualdo e del Principe Gesualdo, della grande
famiglia che espresse amministratori attenti e prelati di grosso spessore, dei
Castelli del feudo, delle vicende storiche e culturali dell’epoca, di quel
particolare momento della storia della musica, delle riletture dell’opera
gesualdiana ma sempre, dove è possibile, citando, indicando, riportando le
fonti, un'operazione utile e preziosa che spiana la strada a quanti, desiderosi
di approfondire gli aspetti biografici e musicali intorno alla figura di Carlo
Gesualdo, hanno a portata di mano la possibilità di reperire in uno stesso
testo i materiali di base propedeutici ad ogni tipo di ricerca. Il titolo, brillante
e significativo, evoca la coincidenza tra il nome del paese che ha visto il Principe impegnato nella
composizione dei suoi ultimi madrigali e il nome stesso del grande musicista e
al tempo stesso coglie l’innegabile simbiosi tra i gesualdini e il loro
Principe.
Gesualdo & Gesualdo, il
Principe e il suo Castello, il Principe e il luogo in cui componeva e stampava
la sua music..., danno vita ad un racconto che propone accanto all’esame delle
fonti, momenti di “libertà”, libertà di spaziare "in libertà" tra le
mille notazioni e suggestioni che un ambito storico-culturale come il nostro
Rinascimento consente.
Due presentazioni pregevoli e
acute di due raffinati intellettuali irpini, l’onorevole Ortensio Zecchino,
studioso insigne, già Ministro dell’Università e il professor Giuseppe
Mastrominico, docente di Storia del Diritto alla Federico II, Direttore dell'Istituto
Italiano di Studi Gesualdiani.
Il professor Zecchino definisce
“opera originale” il lavoro di Francesco Caloia e coglie proprio quella libertà
dagli schemi di cui si diceva.
“Il suggestivo racconto di
Francesco Caloia, scrive nella sua prefazione, fatto di divagazioni d’ogni tipo
[...] insuscettibile di inquadramento in un genere, frutto evidente della
fatica di molte ricerche e di una lunga gestazione…”. Corposa ed articolato
l’intervento di Mastrominico per il quale “Il risultato finale dell’opera è un
continuo ritorno alle radici avvertito dall’autore come esigenza primaria,
tanto da piegare ad essa il patrimonio delle proprie conoscenze (filosofiche e
religiose, letterarie ed artistiche) e, là dove necessario, il rigore della
storia. Questa, infatti, nei suoi grandi e piccoli risvolti, viene fatta
convivere con i cosiddetti percorsi del riconoscimento: così ora sono chiamati
quegli itinerari che rendono possibile non solo la conoscenza, ma anche
l’elaborazione di un avvicinamento al passato che, sottratto all’oblio,
ridestato, può essere nuovamente vissuto”.
Non meno interessante la
postfazione del professor Paolo Saggese che nota tra l’altro come “la ricerca
storica, artistica, letteraria, musicologica si alterna con la memoria
personale e rende, così, il libro bellissimo e godibilissimo”.
In realtà il libro si segnala
anche per una ricchezza iconografica che è felice e generosa anche perché
frutto dei solidi studi artistici dell’autore che si è formato nella
prestigiosa Accademia di Belle Arti di Bologna.
Con mano sicura Caloia offre il
frutto di una selezione illuminata e ragionata di opere pittoriche, scultoree
come di disegni di autori nostrani che hanno avvertito il gusto di cogliere la
poesia della terra irpina.
Non mancano le voci dei poeti che
hanno cantato Gesualdo e l’Ipinia e che, col concorso delle testimonianze
artistiche, tendono a realizzare un
discorso “a più voci” teso a riaffermare un amore sconfinato per le terre, la
storia, le tradizioni di un terra che, nei meandri delle “divagazioni” di cui
parlava Zecchino, si fa strada come protagonista, neppure troppo nascosta, del
corposo lavoro.
Il capitolo dedicato alla musica
consente di inquadrare il nostro polifonista nel particolare momento della
storia della musica a Napoli e nel più ampio spettro della Storia della Polifonia.
Caloia tratta la materia musicale
con l’attenzione, direi il pudore, di chi non essendo un tecnico nel campo, si
attiene a quanto hanno scritto gli studiosi più avvertiti.
Vien fuori una fisionomia
musicale del Principe molto vicina ai giudizi dei grandi specialisti del
Rinascimento Musicale europeo, il gusto per “il complicato” di un musicista ben
“catalogato” come geniale “manierista che presagisce il barocco”.
Lo stesso professionista della
musica in vena di approfondimenti può trovare assai utile la consultazione
delle struttura delle opere del Principe con l’elenco dei brani.
I medaglioni, di cui parla il
professor Zecchino, intendendo gli approfondimenti su figure, aspetti della
complessa realtà storico-culturale dell’epoca, diventano una operazione
felicissima sul piano didattico. In una ipotetica realtà scolastica impegnata
nello studio interdisciplinare di Gesualdo e della sua epoca non sarebbe,
così, difficile il reperimento di
notizie, fondamentali per l’economia generale degli approfondimenti, e in grado
di allargare gli orizzonti: vere e proprie schede che l’uomo di scuola, in forza
delle sue competenze professionali, mette a disposizione di studenti e
discenti. L’esempio di una scheda sul clavicembalo può essere particolarmente
efficace se si sottolinea che questo “momento organologico” offre, oltre ad una
bella immagine, la presentazione dello strumento, la sua evoluzione nell’ambito
della storia della musica e della società dell’epoca.
Ed è proprio l’uomo di scuola che
vien fuori, alla fine, dai meandri di un discorso complesso, è il caso di
dirlo, interdisciplinare, nel quale l’autore non riesce a sottrarsi alla sua
“qualità” di preside (non uso l’odiosa definizione di dirigente scolastico,
dizione asettica che non individua più nel capo d’istituto quella guida
preziosa sul piano del coordinamento didattico che meglio delineava un funzione
preziosa e delicata).
Il libro, è, in definitiva, un
prezioso scrigno di notizie, di giudizi, di inquadramenti storici, di sottolineature
interdisciplinari dei prodotti letterari, musicali, artistico-figurativi di un'epoca
complessa e decisiva nella storia della cultura europea, un’opera che, mentre
divaga, ammaestra e raccoglie dati, documenti, immagini. E, a proposito di
immagini (curate molto bene anche sul piano grafico dagli attenti editori della
Casa “Per Versi”), non si può non
sottolineare la scelta di una immagine inusuale del Principe che campeggia
nella bella copertina. La tipologia della croce e la spada potrebbero portarci
altrove se l’autorevolezza delle nostre Sovrintendenze (che è autorevolezza
dello Stato in fatto di Beni Culturali) non ci consentisse di abbandonarci alla
ufficialità (un tempo si sarebbe detto “governativa”) delle catalogazioni.
L’opera è infine , come è stato
scritto, un atto d’amore per Gesualdo e per le sue radici storiche.
Tra qualche giorno l’Istituto che
coordina per conto del Comune il progetto per le celebrazioni del prossimo
quarto centenario della morte del Principe renderà note le realizzazioni, gli
appuntamenti, i Calendari. Il progetto è stato frutto delle discussioni e
valutazioni di un Consiglio di Amministrazione composto da colti e d impegnati
cittadini gesualdini, cittadini consapevoli, proprio come il preside Caloia
che, sia Gesualdo che il suo Principe, non sono “materia" tra trattare a
colpi di semplificazioni, approssimazioni, banalizzazioni.
“Noblesse oblige!”
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